Riflessioni

Evangelo e questioni di vita

Legge e giustizia Una legge che non ha nulla a che fare con la giustizia è una legge perversa Lo scorso gennaio osservavo dalla contrada Targia in Siracusa la nave Sea Watch che, anche allora, aveva portato in salvo il suo carico di dolore e di trauma esistenziale – cose impossibili da capire se viste in televisione. Non vedevo il pucciniano “fil di fumo”, ma più tardi assistevo purtroppo al teatrale scatàscio durato qualche giorno per la (in-)decisione circa il porto di attracco. Una sera televisiva come tante il filosofo Massimo Cacciari parlò del comportamento dell’Europa dinanzi a situazioni simili: “Dire che le leggi si applicano comunque è tremendo. È la base di un’interpretazione che ha portato alle massime sciagure. È la stessa legge che mi impedisce di soccorrere il naufrago in mare. Non si lasciano delle persone in mare per così tanti giorni. Qui la giustizia è morta. Parliamo di una legge che non ha più nulla a che fare con la giustizia. È la legge di Creonte… è la legge che mi impedisce di seppellire il fratello, è la legge che mi impedisce di soccorrere il naufrago in mare… [Ma] non c’è soltanto la legge, c’è anche la giustizia. Ed è un principio fondamentale della cultura europea… Ci sono in mare 50 persone che non possono essere sbarcate. Ed è una vergogna… per l’Europa. È uno scandalo per l’Europa. Possiamo perdere una elezione, ma non possiamo perdere l’anima, vivaddio. Vergogniamoci! (…) Una legge che non ha nulla a che fare con la giustizia è una legge perversa” (Otto e mezzo, La7, 08/01/2019). Forse non tutti avranno capito queste parole. Forse molti le avranno giudicate con pregiudizio e più di qualcuno non avrà colto il tentativo di ragionare al di sopra delle parti, cosa difficile da fare oggi. Ma che cosa c’è dietro queste parole? Qual è il fondamento che le giustifica? Per ragioni di competenza e di spazio limitati non mi permetterò di scomodare la grande tradizione illuministica giurisprudenziale (Cesare Beccaria). Per cercare di rispondere mi limito quindi a offrire cinque brevi esempi di altra natura ma attinenti alla questione. 1. Il grande libro biblico dell’Esodo inizia con l’editto faraonico in forza del quale le levatrici egiziane dovevano uccidere gli infanti ebrei maschi appena nati e lasciare vivere solo le femmine. Era la legge. Ma legge ingiusta. Mosè, e probabilmente altri piccoli come lui, nasce e vive grazie alla disubbidienza di quelle levatrici, delle quali conosciamo anche i nomi, Scifra e Pua. La pulizia etnica può anche essere legge, ma è ingiusta. Una legge ingiusta perché antiumana, disumana, non va applicata comunque. Sarebbe un’aberrazione. Sarebbe un’ingiustizia. 2. Il libro biblico di Ester racconta che re Assuero, assiso sul maestoso e potente trono orientale di Susa, su istigazione del suo primo consigliere, Haman, emana una legge “perché si distruggessero, si uccidessero, si sterminassero tutti i giudei, giovani e vecchi, bambini e donne, in un medesimo giorno… e si saccheggiassero i loro beni”. Era la legge. Legge simile a quelle (razziali) che sarebbero state emanate in Germania e in Italia nel XX secolo. Eppure era una legge che non aveva nulla a che fare con la giustizia. Grazie alla determinazione della regina Ester, in quel caso, quella legge non fu più applicata. Una legge che non ha nulla a che fare con la giustizia è una legge perversa. 3. All’inizio di quella che in genere si chiama era cristiana, il re della Giudea, Erode il Grande, emanò una legge che imponeva l’uccisione di tutti i bambini maschi dai due anni in giù. Ma il padre e la madre di Gesù di Nazaret fanno nascere il loro primo figlio grazie a quello che oggi chiameremmo un atto di disubbidienza civile. La legge di Erode era legge. Dura lex, sed lex, la legge è dura, ma è la legge. Eppure ciò deve valere se e solo se la legge stessa è in armonia con la giustizia. Una legge che in contrasto con la giustizia merita la disubbidienza perché è perversa. 4. Luca, medico, intellettuale e scrittore del libro omonimo e degli Atti degli apostoli, registra con accuratezza una legge del Sinedrio di Gerusalemme. Questo tribunale discute su un reato di opinione e decide che agli apostoli sia vietato per legge di insegnare Cristo Gesù. Gli apostoli invece, disubbidendo alla legge, riempiono Gerusalemme dell’insegnamento di Gesù. Per questo vengono fermati, arrestati e portati davanti al tribunale. Il quale poi li rilascerà perché il fatto non sussiste. Ma la cosa interessante è sapere e notare come i discepoli difendono e giustificano legalmente la loro disubbidienza. Essi dicono: “Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini”. Una legge perversa davanti a Dio non ha nulla a che fare con la giustizia. Merita la disubbidienza. Prima, davvero prima, viene Dio e il prossimo. E nessun altro. È forse casuale che per spiegare che non c’è soltanto la legge ma c’è anche la giustizia Cacciari ricorra alla categoria biblica dello scandalo? “È una vergogna per l’Europa, è uno scandalo” lasciare 50 persone in mare. 5. La Roma imperiale ebbe ragione di temere il cristianesimo che per la lex romana promuoveva un genere di “ateismo” che minacciava il culto degli dèi tradizionali. Le esecuzioni e persecuzioni locali e generali dei cristiani, ordinate per legge (Diocleziano 303-311), non riuscirono ad arginare l’espansione del Vangelo. Roma era stata dipinta dal Vangelo (Apocalisse) come una meretrice ubriaca del sangue dei martiri cristiani, aiutata in questo da re che “hanno uno stesso pensiero”. Era l’antico (e moderno) pensiero omogeneo, omologato, fondato magari sulla famosa e ben nota dura lex. Però era un pensiero perverso, pensato da persone cattive d’animo. Gente che non aveva/ha scampo. “Dio è anche un fuoco consumante”, scrive l’autore della lettera ai giudeocristiani. Chi ha orecchi oda. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli (Libertà Sicilia 07 2019)

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