Riflessioni

AGNELLINO SUL TRONO

Un agnellino sul trono Nel linguaggio dei segni proprio del libro dell’Apocalisse, un certo personaggio dice a Giovanni che il “Leone di Giuda e discendente di Davide ha vinto per aprire i sigilli di un libro” (Ap, 5). Nella storia e geografia di Palestina la tribù meridionale di Giuda costituiva un clan militare di tutto rispetto. Dunque il “Leone” di questa tribù doveva essere persona di grande forza e coraggio e aggressività. Quanto a Davide, è vero che per la sua vena poetica egli era il dolce cantore d’Israele e scrittore dei Salmi, ma la storia lo ricorda come re e duce guerriero, tanto che alla fine della sua vita il regno d’Israele godeva di un’ampiezza senza precedenti grazie alle sue conquiste militari. Pertanto, quando a Giovanni viene detto che il Leone di Giuda e discendente di Davide “ha vinto” per poter aprire un certo libro, ci si aspetta che questo personaggio vittorioso sia degno di una genealogia così antica e potente. Ecco invece ciò che Giovanni “vede” sul trono di Dio: “un agnellino in piedi, che pareva essere stato immolato”, cioè un agnellino che reca sul collo il segno inequivocabile del colpo di coltello che lo ha sgozzato. Da che mondo è mondo sui troni siedono i ricchi potenti. Essi, col loro potere apparentemente insuperabile, fanno e scrivono la storia dei popoli. Dio, però, mostra una realtà diversa. Che cosa c’è di più debole, fragile e facilmente attaccabile di un agnellino? Infatti anche l’Agnellino Cristo Gesù venne facilmente attaccato e ucciso dai suoi potenti nemici, che fecero di lui ciò che vollero. Uccidendolo, pensarono di essersi liberati del fastidio dei suoi insegnamenti umili, della sua dottrina di bontà e dolcezza, dei suoi miracoli non finti. Fu solo per la potenza di Dio che l’agnellino Cristo Gesù venne riportato alla vita di Dio (risurrezione). E fu per la stessa potenza che Giovanni vide l’agnellino in piedi sul trono di Dio. Questo brano dell’Apocalisse è costruito su uno dei princìpi cardine di tutta la Scrittura. Il principio è presentato da Gesù stesso quando osserva come gli invitati ai banchetti scegliessero sempre i primi posti. Il Signore invece consiglia i discepoli di sedere all’ultimo posto in modo che l’ospite, riconoscendoli, li onori facendoli sedere più avanti. E conclude così: “Infatti chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato” (Luca, 14). Dio predilige evidentemente proprio la debolezza, l’umiliazione, la fragilità, l’umiltà. Ecco perché sul suo trono accoglie l’agnellino che ha scelto la via dell’umiliazione estrema, fino alla morte. È precisamente in questo agnellino che i credenti possono ancor oggi ritrovare la loro unità vera: scegliendo di proposito la sua stessa debolezza, umiliazione, fragilità, umiltà. Fintanto che i cristiani continuano a esaltarsi gli uni gli altri, glorificando e ascoltando le parole degli uni e degli altri, non vi potrà essere unità in Cristo. Cristo Gesù e solo lui, con la Sua parola verace, sta sul trono di Dio e solo a lui occorre dare ascolto. Ecco perché è urgente tornare alla Sua Buona Notizia, al Suo Evangelo eterno. L’unità in Cristo non è una questione politica o sociale, bensì una faccenda di fede amorevole e di ricerca e ritrovamento della verità che è in Cristo e nella sua Parola sapiente. Non tutti accolgono volentieri il principio detto sopra, quello che Dio stesso enunciò all’apostolo Paolo: “La mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza” (2 Cor, 12). Spesso purtroppo si vuol parlare di unità partendo da posizioni di forza numerica, politica, economica. È la strada sbagliata, che non porta all’unità, ma a ulteriori divisioni. Accogliere l’Evangelo eterno di Cristo vuol dire accogliere la debolezza di Dio, quella debolezza che, tuttavia, come scrive l’apostolo, “è più forte degli uomini” (1 Cor, 1). Nulla di più debole e fragile dell’agnellino. Però sul trono di Dio ci sta lui, non i potenti della terra. Anche il cristianesimo ha i suoi troni – grandi, piccoli e piccolissimi –, sui quali continuano a sedersi e a succedersi coloro che pensano di avere in mano i destini di tutti, che ritengono di poter fare e disfare ogni cosa a loro piacimento. L’Evangelo, invece, è Parola eterna del Signore che continua a invitare quanti desiderano mettersi dalla parte della debolezza, dell’umiliazione, della fragilità, dell’umiltà dell’agnellino: non a parole, ma a fatti e in verità. Beati coloro che avranno saputo dare ascolto alla voce dell’agnellino. Beati coloro che per entrare nel regno di Dio si saranno fatti bambini, come dice Gesù. © Riproduzione riservata R.T. - 2017

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