Riflessioni

APNEA DI ENZO MAIORCA

L’apnea più lunga di Enzo Maiorca Per affrontare la forza immensa del mare occorre umiltà, come per affrontare la vita e la morte. Il 13 novembre scorso Enzo Maiorca, il grande atleta siracusano che più volte ha detenuto il record mondiale d’immersione in apnea, si è immerso nell’apnea più lunga della propria vita. Ha cessato di respirare e si è addormentato. La morte, per chi ancora non lo sapesse, è un sonno, un dormire dal quale tutti fra poco ci risveglieremo. Sarà come riemergere dopo una lunga apnea. Come quando seguivamo le imprese di Enzo in televisione e lo vedevamo scendere giù nel buio del mare, veloce, forte, sicuro, sempre più giù, e quasi trattenevamo il fiato insieme a lui... e poi lo vedevamo risalire e, finalmente, saltar fuori dal mare e tornare a respirare coi suoi polmoni grandi, col suo cuore grande. E noi respiravamo con lui. Grande Enzo, che ora dorme in apnea assieme a tutti gli altri che si sono addormentati prima di lui... In un’intervista riproposta recentemente (Radio Rai 1, 16/11/2016), al giornalista che gli chiedeva se durante le immersioni avesse paura, Enzo rispondeva che la paura era sempre al suo fianco e che doveva riuscire a controllarla costantemente. Diceva di rispettare il mare, la forza del mare, che egli sentiva come immensamente più forte di lui. E concludeva dicendo che aveva sempre affrontato le sue prove di apnea con grande umiltà, che grazie all’umiltà era riuscito non certo a vincere la forza del mare ma almeno a conviverci, a starci dentro e a vincere la paura... Enzo Maiorca esalta il nostro pensiero perché tutti ci rendiamo conto che le sue imprese meriterebbero d’essere dipinte in ocra su fondo nero, su vasi greci antichi, eppur moderni, perché sono le imprese dell’uomo che con timore e umiltà si misura con l’immensità, la profondità, il buio del fondo marino. E riesce a uscirne, balza fuori dalle onde, torna a respirare e a vivere... Riprendiamo ora i tre fili lasciati appesi in questo breve discorso. L’apnea del sonno della morte, quella in cui sono immersi coloro che sono stati prima di noi e in cui noi presto saremo immersi non è un’apnea destinata a permanere indefinitamente. Stiamo solo battendo un record. Peccato, peccato davvero, che tanta gente non crede più e non spera neppure di uscire un giorno da quest’apnea. Dice l’Evangelo che chi spera in questa vita soltanto è un “miserabile” (1 Corinzi 15,19). “Invece, Cristo è risorto dai morti, IL PRIMO tra coloro che si sono addormentati”. Come è risuscitato Cristo, così risusciterà ognuno. Cristo per primo ha vinto il record, ha battuto la morte, e ci invita a seguirlo per vincere con Lui anche noi, per battere la morte e tornare alla vita. Beato chi si avvicina all’Evangelo di Cristo per imparare a confidare in Cristo, a respirare con Cristo, a morire in Cristo e a vivere in Cristo. Proprio questo è il significato della rinascita battesimale d’acqua e di Spirito, si muore con Cristo per tornare poi a vivere in Lui. Quando Enzo parlava della paura esprimeva il sentimento profondo di tutti noi. L’uomo ha paura. La paura dell’uomo è ancestrale. All’inizio della narrazione biblica, L’Eterno Dio è alla ricerca dell’uomo, il quale ha mancato, ha sbagliato, e si è nascosto. Dio lo chiama, “Adamo, dove sei?”. L’uomo risponde: “Ho avuto paura e mi sono nascosto” (Genesi, 3). Cristo Gesù è presentato nel Nuovo Testamento (Lettera agli Ebrei) come il condottiero della fede, come colui che, con dolore e sofferenza, si immerge nel mare della morte, accetta, per così dire, l’apnea della morte per consentire a ciascuno di noi non certo di non avere paura, ma di convivere con la paura, anzi di controllarla, e infine di dominarla. Dice lo scrittore della Lettera agli Ebrei che “per la gioia che gli stava davanti, Cristo Gesù sopportò la croce, disprezzò la vergogna [della croce], e si è assiso sul trono di Dio” (Ebrei 12,2). Cristo è già re, è già sul podio del Vincitore, e ci invita a raggiungerlo. Non è difficile, coraggio! I terzo filo è quello dell’umiltà. Ce ne parla Enzo Maiorca, ma ce la indica ancor prima e in modo sublime Cristo stesso. Senza umiltà non si raggiunge alcun risultato. Senza umiltà non si batte alcun record. Per affrontare la forza immensa del mare occorre umiltà. Per affrontare la potenza cosmica della morte occorre umiltà. Per affrontare la vita occorre umiltà. Gesù fu umile e si rese conto di esserlo, di doverlo essere: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e aggravati: io vi darò ristoro. Prendete su di voi il mio gioco e imparate da me, poiché io sono mite e umile di mente, e troverete ristoro per voi stessi” (Matteo 11,28 s.). Gesù fu umile per noi, a nostro favore, e ci insegna l’umiltà, l’abbassamento più estremo, che è proprio quello dell’apnea della morte. La morte non è la fine di tutto. La morte non è annichilimento. È solo un sonno dal quale tutti ci risveglieremo. Cerchiamo oggi l’Eterno Dio, oggi che lo possiamo trovare, così domani il nostro risveglio sarà la conquista del grande record della Vita in Dio. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli - 11 2016

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