Note sulla pasqua
"Buona pasqua"
Molti cristiani e chiese (anche chiese di Cristo) hanno preso l'abitudine di augurarsi a vicenda buona pasqua. È un augurio che, per la verità, rivolgono anche ormai persone scettiche, agnostiche, atee e/o non credenti. In questa società lievemente distratta, sono ormai tutti cristiani, o tutti si dicono tali, e quindi anche quelli che dicono di appartenere alla Chiesa di Cristo: sia quella ufficiale cattolica apostolica romana, sia quelle - variegate e ufficiose - acattoliche. Qualcuno ha anche aggiunto "buona pasquetta", per dire buona mangiata.
Alla luce del consumismo moderno, delle storiche deviazioni che si sono avute rispetto al messaggio del Nuovo Testamento, è legittimo proporre qualche domanda in merito. Che cosa vuol dire questo augurio? E soprattutto: ha senso dal punto di vista del Nuovo Testamento? In rapporto alla globalizzazione moderna delle informazioni e della visualizzazione che le informazioni ottengono grazie ai mezzi attuali di diffusione, le domande trovano una loro giustificazione, perché si fa davvero una certa fatica a rispondere all'altra domanda: a quale "pasqua" si riferiscono?
a. Forse a quella ebraica, che ricorda la grande liberazione nazionale dalla schiavitù egiziana, culminata nell'esodo e descritta nell'omonimo libro? Effettivamente qualcuno potrebbe sostenere che, tutto sommato, questa potrebbe essere tutt'oggi una festa "ordinata da Dio";
b. forse a quella cattolica, la quale - quasi proseguendo e imitando la festa ebraica - le dà una verniciatina cristiana? Qui, se si andasse a esaminare qualche dato storico, ci si accorgerebbe a quali e a quante variazioni è stata soggetta soltanto la datazione della festività;
c. forse il "buona pasqua" richiama la festività ortodossa? Ormai, la presenza di molti cittadini dell'est europeo nel nostro Paese rende evidente che c'è una celebrazione pasquale che però non coincide nemmeno temporalmente con le altre due;
d. forse a quella indottrinata dalla Torre di Guardia? È noto che questa organizzazione pretende di conoscere giorni e orari esatti per il momento preciso in cui far passare tra i fedeli gli emblemi (pane e vino) ai quali ben pochi partecipano;
e. forse qualcuno intendeva "buona Pasqua" in senso strettamente scritturale. Dato che nel Vangelo la pasqua è Gesù Cristo, allora "buona Pasqua" equivale a "buon Gesù Cristo". Ma di certo questa è l'ipotesi meno probabile, perché tutti sanno in che modo Gesù rispose a quel tale che osò chiamarlo "buono" (Mc. 10,16 s.).
Dunque l'augurio "buona pasqua" resta, a quanto sembra, un altro degli auguri dal senso misterioso, che però tutti convintamente ripetono e volentieri spendono. Cerchiamo di sciogliere tale interrogativo alla luce del Nuovo Testamento.
1. Il capitolo quinto della 1 Corinzi esprime la polemica che Paolo - ispirato da Dio - muove contro il comportamento indegno della chiesa corinzia: tra loro si tollerava uno che si teneva la moglie del padre (le coppie di fatto non sono un'invenzione d'oggi...). Non è difficile immaginare il disonore che ciò procurava alla chiesa intera. I cittadini di Corinto - città abituata all'immoralità più sfrenata - finivano per meravigliarsi del genere di fornicazione che si attuava e si tollerava tra coloro che si dicevano discepoli di Gesù. Paolo interviene ordinando alla chiesa di "togliere di mezzo" un tale peccatore, riprendendo la chiesa per il suo "vanto" cattivo (5,6), esortandola a purificarsi (5,7).
La motivazione profonda di tale ordine, riprensione, esortazione è che "la nostra pasqua, cioè Cristo, è stata immolata" (5,7b). L'affermazione è fondante per tutto il ragionamento, e contiene in sé la dichiarazione secondo cui ora, sotto il patto nuovo inaugurato dal sangue di Gesù, non ha alcun senso chiedere "che cos'è la pasqua?", mentre la domanda posta correttamente è "chi è la pasqua?". "Pasqua" infatti non è più cosa, oggetto, animale, data, celebrazione, ricorrenza, bensì è PERSONA. "Pasqua" è il Cristo stesso!
La ragione di questa identificazione pasqua = Cristo la si può ritrovare, ad esempio, nel riconoscimento che Giovanni Battista fa di Gesù: "Ecco l'agnello" che Dio ha provveduto per eliminare il peccato del mondo (Gv 1,29).
Non più però agnello/capretto animale (oggetto), allevato per un certo tempo ("dell'anno"), dal pelo non maculato, senza difetto fisico, bensì un uomo, un giovane, dotato di volontà libera, che volontariamente agisce per ubbidire al Padre (Gv 10,17 s.), per donare a tutti una vita abbondante (Gv 10,10). Pasqua non è davvero "cosa", ma è rigorosamente "persona": e quale persona!
2. Se il Lettore ha avuto l'accortezza di leggere l'intero capitolo quinto della 1 Corinzi, avrà notato tuttavia che Paolo esorta a celebrare "la festa" (5,8). Qui si rischia, ovviamente, di commettere quello che in fisica (prima dell'avvento di strumenti digitali) era noto come errore di parallasse. Su ogni strumento analogico la misura va letta facendo attenzione a stare perfettamente perpendicolari all'ago e alla scala di lettura. Se metto un peso sulla bilancia, debbo leggerne la misura sulla scala dei valori ponendo gli occhi perpendicolari all'ago, altrimenti - se mi sposto anche di poco a destra o a sinistra - leggerò una misura inferiore o superiore al vero. Se analogamente in 1 Cor. 5,8 si legge "festa" e lo si intende alla luce di quanto oggi avviene, si può essere indotti a ritenere che Paolo stia realmente consigliando di celebrare "la pasqua", vale a dire, la "cosa pasqua".
Se non sto attento a questo errore fatale, comincerò a domandarmi: quando debbo celebrare questa "festa" (5,8): una volta l'anno? Secondo la datazione ebraica o secondo quella ortodossa o secondo quella cattolica o secondo quella dettata dalla Torre di Guardia o altro? Occorre dunque mettersi attentamente a calcolare date e lune? a computare tempi e momenti? a fissare albe e tramonti? Debbo tener conto della luna calante o crescente, della mezzaluna o della luna al primo quarto? E come mi regolo con l'ora solare e quella legale?
Queste domande sono serie e per nulla provocatorie. Al Lettore potranno forse sembrare offensive e lesive della sua intelligenza, ma esse hanno occupato le menti e le riflessioni di generazioni di studiosi per secoli. E una risposta univoca non la si è trovata, come dimostrano le attuali datazioni variegate.
Come evitare l'errore? Vi è una legge da rispettare, una legge che, in ambito letterario, è tanto fondamentale quanto quella della gravità nella fisica dei gravi. Questa legge da cui ogni testo scritto non può prescindere è la legge del contesto. In questo contesto (1 Cor 5,6-12), Paolo sta riferendosi ad una celebrazione da tenersi annualmente, o a qualche genere diverso di "festa"?
La norma del contesto risponde. Quando il discepolo deve eliminare da sé la "malizia e la malvagità" (5,8)? Quando la discepola di Gesù deve accogliere "sincerità e verità" (5,8)? Quando i discepoli debbono evitare di mischiarsi con quelli che, chiamandosi fratelli, sono "fornicatori, avari, idolatri, oltraggiatori, ubriaconi, rapaci" (5,11)? La bellezza del testo biblico sta anche nel fatto che ci pone domande sagge e fornisce risposte intelligenti.
Paolo sta qui proponendo una celebrazione annuale, o non, piuttosto, la celebrazione quotidiana di quella "festa" che è la vita totale del discepolo e della discepola di Gesù? Non è forse proprio l'apostolo - sempre ispirato dal Padre - a sostenere che la vita intera dei discepoli è un culto razionale offerto a Dio (Rom 12,1-2)? E non è ancora lo Spirito di Dio che descrive minutamente questa vita proprio nel resto di Rom. 12? (Il Lettore è calorosamente invitato a leggere e meditare quel testo).
Dunque, "festa" sì, ma non come celebrazione annuale, bensì come esistenza quotidiana del credente, il quale accoglie per fede fiduciosa l'Agnello-Persona-Pasqua di Dio che lo perdona dal peccato (1 Gv 2,1-2). Trasformare ciò in una celebrazione annuale è commettere un errore di aberrazione.
Come mai, dunque, molti commettono tale errore? Ed inoltre: come si spiega che solo da qualche anno, persino coloro che avevano rinunciato alla tradizione pasquale sono tornati all'augurio "buona pasqua"?
3. Per rispondere si può osservare che giocano qui diversi fattori. Se ne ricorda qualcuno, senza entrare specificamente nel merito. Il mondo cattolico (quella che sopra si è chiamata "chiesa di Cristo ufficiale"), come quello ortodosso, possono accampare la tradizione, lunga sì, ma non risalente agli apostoli o al Nuovo Testamento. Il mondo acattolico (protestante) ha subìto da sempre il fascino delle religioni celebrative, rituali, e col tempo se ne è lasciato attrarre sempre più. Alcune chiese di Cristo (quelle definite sopra "ufficiose", contrapposte alla "ufficiale": ma sono solo attributi che partecipano di un campo semantico che ciascuno tira a proprio piacimento) che pure erano partite per tornare al Vangelo, sembrano "volgersi indietro" (Lc. 9,62).
I più seri, in ambito protestante e cattolico, sono coloro che affermano e sostengono che "buona pasqua" indica un ripescaggio di una festività annuale dalla legge di Mosè, della quale sembra non si possa proprio fare a meno. Nella legge di Mosè la pasqua (ebraica) è davvero prescritta, cioè comandata, ordinata da Dio: festa nazionale religiosa di liberazione, come è chiaramente prescritto in Es. 12. Questa del ripescaggio sembra la posizione intellettualmente più onesta e chiara.
Che cosa dire di ciò?
3.1 Anzitutto occorre osservare che i discepoli di Gesù non sono più sotto la legge del "pedagogo" Mosè. Mosè infatti conduce a Gesù, ma una volta venute fede e grazia in Gesù, la legge mosaica non ha più alcun senso (Gal. 3,24 ss.; cfr. Gv. 1,17). Chi, per fede e battesimo, si è rivestito di Cristo, non è sotto la legge di Mosè, ma sotto la grazia di Gesù. La norma mosaica quale diviene quindi per il cristiano sorgente di riflessione, considerazioni, pazienza e anche di consolazione (Rom. 15,4), ma non di ubbidienza a ordini caduti definitivamente in prescrizione.
3.2 La legge di Mosè, infatti, era caratterizzata soltanto dalle "ombre" dei beni spirituali futuri, da conseguire in Gesù. Quella legge semplicemente non aveva la realtà stessa delle cose spirituali che si sarebbero realizzate soltanto in Gesù (Eb.10,1-18).
Se davvero si insiste a tornare ad una "pasqua-cosa", allora occorre avere il coraggio di tornare a sacrificare agnelli: scegliendoli di un anno e senza macchia! Tornare agli animali equivale a dimenticare il SANGUE DI GESU'. Non sembra, infatti, che la Lettera agli Ebrei consenta un mescolamento tra i due generi di sacrifici: quello di animali e quello della persona Gesù. Chi abbia letto questa epistola sa bene che essa stabilisce tra i due generi di sacrifici un rapporto di incommensurabilità (spesso espresso nel testo con l'attributo "meglio/migliore"). Il sacrificio di Gesù è incommensurabilmente superiore a quello degli animali.
3.3 Oppure - peggio ancora - bisognerebbe tentare di attenersi al vangelo (= patto NUOVO nel sangue di Gesù), ma mischiando questo vangelo con qualche pratica risalente a Mosè: per esempio, appunto, la pasqua.
Qui bisogna porre attenzione: ci fu già chi tentò questa strada senza uscita. Si suggerisce qui di rileggere il brano di Gal. 4,1-11, anche se in effetti tutta la lettera ai Galati è una polemica contro il tentativo di mescolamento tra norma di Gesù e legge di Mosè. Ai credenti di Galazia che stavano tornando a "osservare giorni, mesi, stagioni ed anni" (4,10), il Paolo ispirato da Dio deve dare uno schiaffo morale scrivendo: "Io temo, riguardo a voi, di aver faticato per voi inutilmente" (4,11). Espressione tremenda, perché fa da trampolino di lancio per l'altra frase, ancora più forte: "Cristo non vi giova a nulla... avete rinunciato a Cristo" (5,2.4). Non solo Paolo aveva faticato inutilmente per loro predicando loro il Vangelo, ma con il loro comportamente rendevano inutile (per loro) lo stesso sacrificio di Gesù.
4. Forse è vero che il mondo protestante risente di una certa attrazione del cattolicesimo. Forse è vero che chiese di Cristo risentono dell'attrazione del mondo protestante. Forse questa è la spiegazione per questo tentativo di scimmiottare il cattolicesimo anche sulla pasqua. Invece la sola "attrazione" che discepole e discepoli di Gesù dovrebbero sentire è quella del Padre e di Gesù stesso, se si vuole davvero esser partecipi della sua resurrezione e del suo ammaestramento delicato e verace (Gv 6,44-45). La chiesa che desidera appartenere a Gesù ascolta la parola sua, si lascia umilmente guidare dalla scrittura "ispirata da Dio" che è utile a insegnare, riprendere, correggere, educare a ciò che è giusto dinanzi a Dio, per essere "perfetti", in tutto e per tutto forniti per fare ogni opera buona (2 Tim 3,16-17).
Torniamo dunque alla vera pasqua che è la persona di Gesù, non una festicciola annuale. Gesù in persona ci chiama a mutare stile di vita: tutti i giorni della nostra vita. Proprio questo sta dicendo Paolo, ispirato da Dio, ai Corinzi e a tutti quando ricorda loro che Gesù "pasqua nostra" è stato immolato.
chiesa di Gesù Cristo, Pomezia
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