Riflessioni

Ascoltare il gemito

Un’intervista e una vicenda ci aiutano a riflettere in tempi di angoscia

 

Ecco un’intervista e una breve storia che possono farci riflettere in tempi di angoscia, quando le condizioni in cui si vive avvertono che forse è il caso di ripensare la nostra visione del mondo (società) che credevamo perfetto e perfettamente funzionante. Forse è il caso di riflettere? di imparare a pensare?

Anzitutto, un brano di un’intervista all’accademico Umberto Galimberti: «Tutti i virologi sostengono che la quarantena è il sistema più efficace per contenere il contagio. Ma l’isolamento in sé fa paura, ormai siamo abituati a non avere limitazioni fisiche. Certo, la quarantena ci fa tornare la mente alla peste, alla spagnola. Ma aggiungo anche un’altra cosa. I virus c’erano molto prima di noi e ci saranno quando l’umanità sarà estinta, se proseguirà con certi comportamenti sconsiderati. MI RIFERISCO AL DETTO BIBLICO “NON COMMETTERE ATTI IMPURI”, PRESO ALLA LETTERA. Un detto che ci ammonisce a non mescolare le cose, a non contaminare le specie diverse. Non a caso l’origine del virus sembra causato da qualcuno che ha mangiato pipistrelli. La diffusione del coronavirus, tra i vari aspetti da analizzare, rappresenta anche un grande colpo al sogno dell’uomo di annullare ogni limite. Ma c’è un ottimismo esasperato, una fiducia nella tecnologia come soluzione di qualsiasi problema» (L’Adige.it 24/02/2020).

Ecco poi la storia di Elizabeth Fitzsimmons, che adottò una bambina cinese pur sapendo che era gravemente malata. Dopo infinite pratiche, lei e il marito avevano ricevuto la foto di questa piccola cinese e l’avevano attaccata al frigorifero. Infine erano partiti per conoscerla e portarla a casa. Qui i neo genitori si erano accorti che la bimba soffriva di spina bifida, sarebbe divenuta paralizzata e incontinente. L’agenzia propose di cambiarla con un’altra, come si fa con un prodotto difettoso. Elizabeth e il marito scelsero di tenerla, perché era già figlia loro e per non chiedersi mai che cosa le fosse accaduto. La fecero visitare e risultò che aveva avuto sì un tumore e un’operazione infelice, ma nient’altro. «La bambina ha ingranato tardi, ma ora è come tutti. È una storia come quelle che SI LEGGONO SOLO NELLA BIBBIA, quando Dio è improvvisamente benevolo con Abramo o gli uomini lo sono con chiunque, come fosse un figlio» (Gabriele Romagnoli, la Repubblica 25/02/2020).

Premesso che, a quanto mi è dato capire, sia Galimberti sia Romagnoli non sono credenti nel senso usuale del termine ma appartengono semmai all’area “laica”, si può tuttavia osservare un sorprendente elemento comune all’intervista e alla breve storia, cioè il richiamo alla Bibbia. Il primo menziona il comandamento biblico di non usare come cibo alcune specie «impure» che possono danneggiare il corpo umano. È stato dimostrato che molte disposizioni, soprattutto nella Scrittura ebraica, relative a cibi, bevande e comportamenti (dermatologici, sessuali o altro), erano prescrizioni che comportavano norme sanitarie che oggi o sono date per scontate o vengono violate come se niente fosse.

Romagnoli richiama le grandi narrazioni bibliche, la «bontà» di Dio e la realtà della «adozione», rilevantissima sia nella Scrittura Ebraica sia nell’Evangelo perché Dio, con una iniziativa strabiliante attuata mediante Cristo, adotta per amore gli uomini tutti con le loro fragilità e insufficienze (Romani, 8). Anche gli esseri umani sono difettosi, ma Dio, mediante Gesù Cristo, vuole loro bene lo stesso e li incoraggia a migliorare! Merita però che ci si chieda: COME MAI DUE PERSONE COSÌ LONTANE DALLA FEDE BIBLICA sentono il bisogno di richiamarsi alla Scrittura?

Non si tratta di un mistero, ma del fatto che la Scrittura ha e conserva rilevanza fondamentale almeno nella cultura occidentale, anche se spesso questo fatto viene trascurato, non considerato – c’è poi chi polemizza contro la Scrittura, il che si spiega con l’italica ignoranza in merito.

La Scrittura, definita il «Grande Codice» dal professore canadese Northrop Frye, esperto di Bibbia e letteratura, gode di uno straordinario valore inerente. Si legge infatti: «Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo [greco: perfetto] e ben preparato per ogni opera buona» (2 Timoteo, 3). E ancora: «Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù» (Romani, 15).

Tale l’atteggiamento sereno e fiducioso suggerito dalle Scritture stesse; atteggiamento ben lontano da freddo dottrinarismo e gelido puritanesimo; atteggiamento che si nutre di riflessione, studio, esame attento, esegesi retta, analisi accurata senza pregiudizi – «insegnamento» e «istruzione» non sono affatto in armonia con presunzione e ignoranza.

Per dare un solo esempio significativo del valore inerente della Scrittura, basti pensare all’evangelo esposto nella grandiosa Lettera ai Romani, in particolare al brano in cui Paolo scrive: «Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Romani, 8).

Solo qualche settimana fa, augurandoci il Buon Anno, ci si era forse dimenticati del «gemito», della «sofferenza», dell’«attesa» della creazione? Oggi, grazie a un virus, come pure a causa degli internati in Turchia, della guerra in Siria e Libia e altre realtà analoghe, ci si accorge (forse) che il mondo (società, creazione) che credevamo perfetto e perfettamente funzionante non è né l’uno né l’altro. D’improvviso torniamo a sentire, a provare, quel «gemito» noi stessi, parte della creazione. Ci sarà mai qualcuno che avrà il coraggio di chiedere e chiedersi perché il «gemito», la «sofferenza», l’«attesa»?

Stolti e prevenuti negano valore alla Scrittura, vi aggiungono i loro vuoti libri ispirati, ne ignorano gli avvertimenti, negano che Dio ami l’umanità, fingono che Gesù non sia mai venuto e non abbia fatto nulla per loro e per tutti («Se io non fossi venuto e non avessi parlato…», dice Gesù in Giovanni, 15). Stoltezza e prevenzione, però, non fermano sapienza e amore.

 

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Roberto Tondelli (Libertà Sicilia 03 2020)

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