Riflessioni

DOMANDA ANGELICA

Una domanda angelica Nella pietà cattolica è avvenuto un cambiamento immenso... “Perché cercate il vivente fra i morti?” È questa la domanda che il solo Luca, fra gli evangeli sinottici, mette sulla bocca di due uomini che, in vesti sfolgoranti, si presentano accanto alle donne nel sepolcro di Gesù. Le donne, cui la domanda è rivolta, sono perplesse per non aver trovato il corpo di Gesù, sono spaventate dai due uomini, e se ne stanno col volto chino a terra. Si chiamano Maria di Magdala, Giovanna e Maria madre di Giacomo. “Perché cercate il vivente fra i morti?” Bella domanda, con una lieve nota di rimprovero, subito seguìta da parole che risvegliano la memoria delle donne: “È risorto, non è qui! Ricordate come vi parlò mentre era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio dell’uomo doveva essere consegnato nelle mani dei peccatori, essere crocifisso e risorgere al terzo giorno”. Per qualche momento, all’interno della caverna che fa da sepolcro, si ritrovano in cinque, due uomini e tre donne. Il morto è assente! Rincuorate da quelle parole, le donne ricordano, e vanno a narrare la cosa agli apostoli e a tutti gli altri. Gesù ha dunque mantenuto la parola data. È risuscitato davvero. Egli ha ora la vita stessa di Dio che è Spirito (Gv 4,24). “Il Signore è lo Spirito” scriverà Paolo (2 Cor 3,17). Il Gesù “che voi avete crocifisso” è stato costituito da Dio “Signore e Cristo”, dirà Pietro. Paolo scrive che Gesù è stato “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito Santo mediante la resurrezione dai morti” (Atti 2,37; Rom 1,4). La domanda dei due uomini è logica. Gesù è ora il nuovo Adamo che è “spirito che vivifica” (1 Cor 15,45). Proprio perché “Dio ha risuscitato il Signore”, d’ora in poi sarà vero che “chi aderisce al Signore forma con lui un solo spirito” (1 Cor 6,17). Da questa realtà alta e profonda, nasce la domanda angelica e logica: se tutto questo è vero – e lo è - , perché cercare fra i morti il Cristo Vivente, cioè Colui che è dotato della stessa vita di Dio? Secondo una tradizione antica, ma non risalente agli apostoli (quindi non apostolica), diffusa ma non universalmente accettata neppure nell’antichità (quindi non cattolica), l’anno liturgico (anch’esso non di origine apostolica né cattolica) prevede la teatralizzazione di momenti salienti della passione di Gesù: processioni con statue pitturate color rosso sangue, croci portate a spalla, corone di spine, mantelli purpurei, soldati romani con daghe (di legno) e flagelli (finti). Così si vuol forse impressionare gli astanti, forse richiamarli alla conversione? I risultati sono quelli che sono. Articoli giornalistici e servizi televisivi per le folcloristiche iniziative. Ma se il Risorto è “Spirito”, e quindi vita, forza, potenza, energia divine, perché mai continuare a esporre immagini di morte? Se Gesù ha sofferto “una volta per sempre” (Ebrei 10,10), perché continuare a cercarlo con strumenti di morte? Dal Nuovo Testamento è evidente che né Gesù né gli apostoli hanno mai chiesto ai discepoli cose di questo genere. La chiesa apostolica e postapostolica non le ha mai praticate. Come mai? Lo spiega bene lo studioso cattolico Federico Jurgensmeier il quale scrive che “nella vita di pietà della Chiesa dei primi quattro secoli, il Cristo trovasi in primo piano, Colui che vive e regna e siede alla destra del Padre (qui vivit et regnat et sedet ad dexteram Patris); Egli è il Mediatore universale presso il Padre. La preghiera non è rivolta a Cristo, ma è fatta per mezzo di Cristo... Non si prega Cristo, ma il Padre per mezzo di Cristo”. Poi però accadde che “nello sviluppo posteriore della vita di pietà e di preghiera subentrò un cambiamento, quanto alla posizione di Cristo. Il Cristo glorificato si eclissò e vi subentrò, nella vita di pietà, il Cristo della vita terrena... Non ci si sentì più intimamente una cosa sola con Cristo... non si pregò più attraverso Cristo, ma si pregò Cristo. Nella coscienza della pietà privata, Cristo mediatore scomparve, diventò egli stesso centro ed oggetto di pietà. Nel fedele, non più così conscio della sua unione viva con Cristo, ciò significò isolamento, abbandono alla sola sua attività personale. La vita terrena di Cristo gli si presentò così come modello, e in tal modo la pietà soggettiva si stabilì in primo piano nella vita ascetica. Sulla base di tale cambiamento nella posizione di Cristo nella vita di pietà, l’Abate Ildefonso Herwegen distingue due grandi epoche nella storia spirituale dell’Occidente cristiano. Nella pietà cattolica è avvenuto un cambiamento immenso” (Il corpo mistico di Cristo, 140 ss.). Ci si lamenta spesso della perdita dei valori, soprattutto oggi che il cristianesimo si confronta con religioni fino a ieri lontane. Che uno dei valori perduti sia proprio il riferimento alla Vita del vivente, del risorto? Bisogna cercare il Cristo risorto che è Spirito. Non cercarlo fra elementi di morte, ma cercare il Cristo vivente che parla nelle pagine ispirate del Nuovo Testamento. La sua parola è vivissima. Il Risorto che è Spirito non va importato da Paesi esotici. L’Evangelo è per tutti, qui, subito, gratuito. È parola di grazia immediatamente fruibile. Se umilmente ci mettiamo ai piedi del risorto, egli è ancora il Mediatore unico fra Dio e gli uomini tutti, il Signore dei Signori, il Re dei re, il Vescovo delle anime, il Figlio dell’uomo, il Figlio dell’Iddio vivente, Colui che salva, l’Iddio con noi, il Maestro unico, la unica Guida, il Salvatore insostituibile. Lui e lui solo merita fiducia e credito illimitati. Lui solo è il buon pastore che guida le sue pecore alle sorgenti della vita, lontano dalla morte. Si imita la via crucis (in mondovisione), cosa mai richiesta da Gesù, ma non si imita l’atto che, fondato sulla morte-e-risurrezione di Cristo segna l’inizio della vita cristiana, il battesimo. Ecco le parole di Paolo ispirate da Dio: Che diremo dunque? Continuiamo a restare nel peccato perché abbondi la grazia? È assurdo! Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato? O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri; non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio. Il peccato infatti non dominerà più su di voi poiché non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia (Rom 6,1 ss.). È dunque nella rinascita “d’acqua e di Spirito” (Gv 3,1 ss.) che incontriamo morte-e-risurrezione di Cristo, non nella via crucis, dove Gesù è almeno tanto assente quanto lo fu quella domenica mattina al sepolcro. Dopo venti secoli si sta ancora ricordando la morte (la morte! chiodi, sangue, croce, spine, e ancora chiodi...) di uno del quale è chiaramente scritto che è “risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui”. In altre parole, si sta ancora cercando il vivente fra i morti! È nel battesimo, attuato per fede e ravvedimento, che veniamo “innestati” al Cristo (súmfutoi Rom 6,5), vero albero di Vita. Gesù è “risuscitato dai morti, non muore più e la morte non ha più potere su di lui”. È con la cena del Signore che si attua la comunione spirituale col Signore che è Spirito (1 Cor 10,16 s.). Purtroppo, invece, il battesimo è diventato un optional o una faccenda per infanti e della cena del Signore si è fatto un rito, una cerimonia o poco più. Se per quelle donne era usuale recarsi al sepolcro per portarvi gli aromi preparati per il cadavere, cercare ancora oggi il Vivente con l’armamentario mortuario è fare appello al puro sentimentalismo e in ultima analisi costituisce una mancanza di quella fiducia che scaturisce dalla parola viva di Cristo Gesù risorto. Che senso ha cercare oggi il vivente fra i morti? Per approfondimenti: F. Jurgensmeier, Il corpo mistico di Cristo, Brescia, 1946. R. Penna, Lettera ai Romani II. Rm. 6-11, Bologna, 2007 (tre voll.). F. Salvoni, Gesù Cristo. Sinottici e infanzia I, Milano, 1970/1971 (due voll.) J. Schmid, L’evangelo secondo Luca, Brescia, 1965. A. Valensin – G. Huby, Vangelo secondo San Luca, Roma, 1959. [I testi citati sono disponibili in www.bbsr.it] © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – 04 2017 La dicitura “Riproduzione riservata” e la firma in calce agli articoli si rendono necessarie in rete vista la facilità con cui si copiano e incollano scritti altrui senza rispetto per il diritto d’Autore, derivante dal lavoro faticoso di riflessione sul testo biblico e di stesura di uno scritto che sia il più possibile in armonia con la Parola ispirata dal Signore. Quando si utilizzano scritti altrui è giusto citare la fonte o presentarli regolarmente firmati. Questa, del resto, è la norma seguìta nell’ambito della pubblicistica. Inoltre, la firma in calce ad uno scritto è garanzia del fatto che l’Autore se ne assume la piena responsabilità. In tal modo egli si offre ad osservazioni e domande, cioè alla valutazione critica, possibilmente costruttiva, del Lettore. Il rapporto Autore-Lettore contribuisce alla libera circolazione delle idee, anche in ambito religioso. 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