Riflessioni

PASQUA E PERSONA DI CRISTO

Pasqua come Persona Non ricordo della liberazione dalla schiavitù egizia, non festa tradizionale, ma la Persona di Cristo che, per amore, si è donato per la nostra salute morale spirituale Il periodo di quaresima (quaranta giorni che ricordano il periodo trascorso da Gesù nel deserto) è un tempo che dovrebbe indurre alla conversione in preparazione alla pasqua. Riti e date riguardanti questi tempi particolari dell’anno hanno subìto variazioni nel corso dei secoli. Si tratta di osservanze tradizionali le quali prevedono manifestazioni festose e religiose insieme. Pur con il dovuto rispetto verso queste realtà, occorre far presente che per i primi cristiani – e in effetti per i cristiani di ogni tempo – la “pasqua” era ed è qualcosa di diverso, reso tale dal nobile insegnamento presentato dall’Evangelo di Cristo o Nuovo Testamento. Gesù, da ebreo osservante, mangiò la pasqua ebraica, che ricordava la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto. Proprio durante il pasto pasquale, ecco che Gesù ne attua una trasformazione radicale. Prende del pane, ringrazia Dio e lo dona ai discepoli come “memoria” di lui; lo stesso fa con il vino, che è “il nuovo patto” nel suo sacrificio per il perdono dei peccati di molti (Matteo 26,17 ss.). Non più dunque il ricordo della liberazione dalla schiavitù egiziana, ma la memoria/realtà della liberazione dalla schiavitù del peccato. Chi attua questa liberazione è Gesù stesso perché è proprio lui, e solo lui, “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!” – come dice Giovanni Battista. Gli scrittori del Nuovo Testamento, ispirati da Dio, rifletteranno su questa realtà nobilissima e ne concluderanno che “mentre ogni sacerdote è in piedi ogni giorno servendo e offrendo spesse volte gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, questi [Gesù], dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è posto a sedere alla destra di Dio, aspettando solo che i suoi nemici siano ridotti ad essere lo sgabello dei suoi piedi. Infatti [Gesù] con un’unica offerta ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati… Ora, quando queste cose sono rimesse [i peccati], non c’è più bisogno di un’offerta per il peccato” (Ebrei 10,11 ss.). Beati coloro che comprendono queste cose e le fanno proprie, uniformando la propria vita alla norma del Cristo! Si comprende allora che per i primi cristiani, e per i cristiani d’ogni epoca, la pasqua non è una festività, ma è Cristo stesso! Ecco perché Paolo apostolo può scrivere che “la nostra pasqua, cioè Cristo, è stata immolata” (1 Corinzi 5,7). Dunque, non una festa tradizionale, spesso subito dimenticata a “pasquetta”, bensì la Persona stessa di Cristo Gesù che, per amore, si è donato per la nostra salute spirituale morale. Sta qui il senso profondo della “pasqua”. Ecco perché, nello stesso contesto, Paolo apostolo può scrivere: “Celebriamo dunque la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità” (1 Corinzi 5,8). Quando, durante l’anno, il cristiano deve evitare malizia e malvagità per accogliere invece sincerità e verità? Una volta l’anno? Un giorno l’anno? O tutti i giorni e in ogni momento della propria esistenza illuminata dalla Parola di Dio? A noi la risposta umile e responsabile. Questa esigenza di sincerità e verità, determinata dal sacrificio (= sangue) di Cristo Gesù, è così stringente che Paolo apostolo continua scrivendo: “Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi coi fornicatori. Non mi riferivo però ai fornicatori di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolàtri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è fornicatore o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi!” (1 Corinzi 5,9 ss.). Questa, proprio questa, è la “pasqua” dei discepoli del Signore risorto. Via la fornicazione, via persino il pensiero adulterino, via ogni forma di avarizia, via l’idolatria, via lo sfruttamento ladronesco, via la maldicenza (lo sport più diffuso al mondo), via anche il dar credito alla maldicenza: occorre togliere “il malvagio di mezzo” al popolo dei credenti. Si consideri che nel contesto, Paolo apostolo rimprovera la chiesa di Corinto perché uno dei membri della comunità conviveva con la matrigna: una fornicazione tale che non si trovava neppure fra i pagani! Chissà che cosa direbbe/scriverebbe oggi delle mille situazioni, tipiche delle cristiane chiese nelle quali è normale convivere, accompagnarsi, amoreggiare con femmine o maschi sposati o risposati, accogliere accompagnati, scompagnati, riaccompagnati, lasciati, ripresi, separati, divorziati per futili motivi. È anche normale dire male (= maledire) di chi a queste cose si oppone, come è normale dare ascolto a chi dice male (= maledice). Forse Paolo si rifiuterebbe oggi di fronteggiare e risolvere con pazienza e serenità e amore e longanimità e dolcezza e sapienza e accortezza i problemi posti da famiglie sfasciate e/o da femmine e maschi interiormente dimezzati? Assolutamente no. Lo dimostrano tutte le sue lettere: si veda ad esempio Romani 7,14 ss. dove la schizofrenia umana è ben delineata e, in tutto il suo evangelo, se ne presenta la cura meravigliosa, che anticipa il pur eccezionale psichiatra Franco Basaglia (1924-1980). Forse Giacomo avrebbe timore di fronteggiare e risolvere oggi la malattia “mortale” di chi schizza veleno orale mentre mostra di “ringraziare Dio”? Assolutamente no: si legga con cura il suo testo sapienziale Giacomo 3 e 4. E tuttavia bisogna ammettere che è semplicemente aberrante ritenere normale ciò che per la Parola di Cristo è contrario alla dignità, al bene, all’onore, all’amore della persona umana e per la persona umana. Perciò, buona pasqua urbi et orbi, davvero pasqua quotidiana molto buona, anzi ottima pasqua a chi “ascolta” ogni giorno la Parola dell’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo e che è Lui stesso “nostra pasqua”. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – 04 2017

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