Riflessioni

Preghiera per unità

Preghiera di Cristo Gesù per l’unità in Lui Al cuore della lunga preghiera fatta da Gesù prima del suo arresto c’è l’unità dei discepoli, preoccupazione non casuale, come purtroppo ci dice la storia. Gesù prega così: “(...) Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali nella verità: la tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo. Per loro io santifico me stesso, affinché anch’essi siano santificati nella verità. Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me” (Giovanni, 17). La sezione maggiore (vv. 6-19) riguarda in particolare gli apostoli. Sono loro, infatti, che hanno «ricevuto» le parole che il Padre ha dato al Figlio e hanno davvero creduto in Cristo Gesù. Questi rivolge a pro loro una preghiera speciale, talmente esclusiva da indurlo a dire: «Prego per loro, non prego per il mondo». A loro è stata data e affidata la parola di Dio, con tutte le conseguenze – anche negative sul piano personale, visto che diversi di loro, se non tutti, moriranno martiri – che ciò potrà comportare. Questa parola è verità, e la richiesta è che gli apostoli siano santificati nella verità, quindi appartati, separati, per il servizio della verità. Non a caso i credenti vengono presentati nel Nuovo Testamento come «edificati sul fondamento degli apostoli e profeti» (Efesini, 2). Il brano successivo della preghiera riguarda non soltanto gli apostoli, ma anche coloro che avrebbero voluto imparare a credere in Gesù attraverso un formidabile strumento generatore di fiducia: “Non prego soltanto per questi [gli apostoli], ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno” (Giovanni 17,20 s.). Dunque il desiderio del Cristo è che l’unità dei credenti sia fondata sulla «parola» di Dio: tale, infatti, è la «parola» affidata agli apostoli «per mezzo» della quale si può ancor oggi fare esperienza della fiducia in Gesù. L’unità dei credenti è radicata nella verità che Gesù ha ricevuto dal Padre, ha affidato agli apostoli, e che ogni generazione riceve proprio tramite gli apostoli. La preghiera di Gesù fa invecchiare il tempo, lo scandaglia a fondo col lanternino della fiducia alla ricerca amorevole di quanti crederanno in Lui per mezzo della parola degli apostoli. Questa parola è lo strumento scelto, questa la base buona per l’unità presente e futura di quanti si affideranno a Lui proprio grazie a quella parola apostolica. Colpisce l’espressione affettuosa finale dell’invocazione, consentendo una salutare e, forse, fruttuosa vergogna morale – intensa, ma possibilmente non plateale – nel ricordo consapevole delle divisioni, da chiunque provocate, indotte, coltivate, utilizzate: «(…) l’amore del quale tu [Padre] mi hai amato sia in loro, e io in loro». La preghiera di Gesù riconduce l’unità dei credenti all’«osservanza» (v. 6) della parola degli apostoli: osservanza per amore e verità, come esperienza d’amore e verità. Solo gli apostoli ebbero dal Signore stesso la promessa di essere ispirati-da-Dio in “tutta” la verità, in tutti gli aspetti delle cose che Dio ha voluto rivelare in Gesù. Consideriamo, infatti, la promessa rivolta agli apostoli, promessa specifica e speciale: “Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annuncerà. Tutte le cose che ha il Padre sono mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà” (Giovanni 16,12 s.). Il magistero di Cristo non si sarebbe esaurito con la sua dipartita, né alcuna delle «molte cose» sarebbe stata dimenticata o trascurata, in modo da rendere necessari futuri sviluppi dell’insegnamento o nuove rivelazioni nel corso dei secoli. Nulla di tutto ciò, infatti, viene annunciato agli apostoli. Gesù, invece, garantisce la venuta del suo vicario, il Consolatore ineffabile che avrebbe insegnato, rammentato, guidato: ad una tale Scuola, amorevole e precisa, gli apostoli sarebbero stati ispirati «in tutta la verità», guidati in «tutte le cose» del Padre, che sono pure le cose del Santo di Dio. Leggere le parole degli scritti apostolici del Nuovo Testamento è leggere quel magistero intelligente, intelligibile, verace. Ascoltare i consigli apostolici presentati nel Nuovo Testamento è ascoltare quel vicario buono, unico, insostituibile. Dunque è proprio nelle Scritture del Nuovo Testamento ispirate da Dio che troviamo tutta la verità, tutte le cose del Padre sulle quali e per le quali i credenti di ogni tempo e luogo possono lavorare per fondare la loro fiducia operosa e quindi la loro unità nel Signore. Pertanto, non documenti e accordi umani restituiscono l’unità in Cristo, ma solo la Parola del Cristo letta, considerata e ubbidita con umiltà e amore. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli - 2017 Preghiera di Cristo Gesù per l’unità in Lui Al cuore della lunga preghiera fatta da Gesù prima del suo arresto c’è l’unità dei discepoli, preoccupazione non casuale, come purtroppo ci dice la storia. Gesù prega così: “(...) Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali nella verità: la tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo. Per loro io santifico me stesso, affinché anch’essi siano santificati nella verità. Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me” (Giovanni, 17). La sezione maggiore (vv. 6-19) riguarda in particolare gli apostoli. Sono loro, infatti, che hanno «ricevuto» le parole che il Padre ha dato al Figlio e hanno davvero creduto in Cristo Gesù. Questi rivolge a pro loro una preghiera speciale, talmente esclusiva da indurlo a dire: «Prego per loro, non prego per il mondo». A loro è stata data e affidata la parola di Dio, con tutte le conseguenze – anche negative sul piano personale, visto che diversi di loro, se non tutti, moriranno martiri – che ciò potrà comportare. Questa parola è verità, e la richiesta è che gli apostoli siano santificati nella verità, quindi appartati, separati, per il servizio della verità. Non a caso i credenti vengono presentati nel Nuovo Testamento come «edificati sul fondamento degli apostoli e profeti» (Efesini, 2). Il brano successivo della preghiera riguarda non soltanto gli apostoli, ma anche coloro che avrebbero voluto imparare a credere in Gesù attraverso un formidabile strumento generatore di fiducia: “Non prego soltanto per questi [gli apostoli], ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno” (Giovanni 17,20 s.). Dunque il desiderio del Cristo è che l’unità dei credenti sia fondata sulla «parola» di Dio: tale, infatti, è la «parola» affidata agli apostoli «per mezzo» della quale si può ancor oggi fare esperienza della fiducia in Gesù. L’unità dei credenti è radicata nella verità che Gesù ha ricevuto dal Padre, ha affidato agli apostoli, e che ogni generazione riceve proprio tramite gli apostoli. La preghiera di Gesù fa invecchiare il tempo, lo scandaglia a fondo col lanternino della fiducia alla ricerca amorevole di quanti crederanno in Lui per mezzo della parola degli apostoli. Questa parola è lo strumento scelto, questa la base buona per l’unità presente e futura di quanti si affideranno a Lui proprio grazie a quella parola apostolica. Colpisce l’espressione affettuosa finale dell’invocazione, consentendo una salutare e, forse, fruttuosa vergogna morale – intensa, ma possibilmente non plateale – nel ricordo consapevole delle divisioni, da chiunque provocate, indotte, coltivate, utilizzate: «(…) l’amore del quale tu [Padre] mi hai amato sia in loro, e io in loro». La preghiera di Gesù riconduce l’unità dei credenti all’«osservanza» (v. 6) della parola degli apostoli: osservanza per amore e verità, come esperienza d’amore e verità. Solo gli apostoli ebbero dal Signore stesso la promessa di essere ispirati-da-Dio in “tutta” la verità, in tutti gli aspetti delle cose che Dio ha voluto rivelare in Gesù. Consideriamo, infatti, la promessa rivolta agli apostoli, promessa specifica e speciale: “Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annuncerà. Tutte le cose che ha il Padre sono mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà” (Giovanni 16,12 s.). Il magistero di Cristo non si sarebbe esaurito con la sua dipartita, né alcuna delle «molte cose» sarebbe stata dimenticata o trascurata, in modo da rendere necessari futuri sviluppi dell’insegnamento o nuove rivelazioni nel corso dei secoli. Nulla di tutto ciò, infatti, viene annunciato agli apostoli. Gesù, invece, garantisce la venuta del suo vicario, il Consolatore ineffabile che avrebbe insegnato, rammentato, guidato: ad una tale Scuola, amorevole e precisa, gli apostoli sarebbero stati ispirati «in tutta la verità», guidati in «tutte le cose» del Padre, che sono pure le cose del Santo di Dio. Leggere le parole degli scritti apostolici del Nuovo Testamento è leggere quel magistero intelligente, intelligibile, verace. Ascoltare i consigli apostolici presentati nel Nuovo Testamento è ascoltare quel vicario buono, unico, insostituibile. Dunque è proprio nelle Scritture del Nuovo Testamento ispirate da Dio che troviamo tutta la verità, tutte le cose del Padre sulle quali e per le quali i credenti di ogni tempo e luogo possono lavorare per fondare la loro fiducia operosa e quindi la loro unità nel Signore. Pertanto, non documenti e accordi umani restituiscono l’unità in Cristo, ma solo la Parola del Cristo letta, considerata e ubbidita con umiltà e amore. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli - 2017

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