A colazione da Gesù
Chiesa di Cristo Gesù in Pomezia
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Roberto Tondelli
A colazione da Gesù
Comportamenti inspiegabili con l’amor fraterno
si spiegano bene con invidia, gelosia e ipocrisia fraterne
(Athos Christoff 1920-1985)
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© Roberto Tondelli, A colazione da Gesù, 2015
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Pomezia (Roma), 2015
A colazione da Gesù
L’Evangelo consiglia i credenti di dare continuità all’amore fraterno (greco: filadelfía, Eb 13,1). Ma in questa Italia malata possono capitare male esperienze a chi vuol proporre l’Evangelo nella sua amorevole serietà e responsabilità. Un insegnante, presentando pensieri simili a quelli qui proposti, venne apostrofato da una donna in questi termini: “Ecco un altro che è venuto a parlarci di amore fraterno!” La provocazione non fu raccolta. La donna, nota per la sua turbolenza, mostrava quanto poco avesse compreso dell’ordine apostolico sul rispetto (1 Tim 2,12).
La filadelfía, l’amore fraterno, riveste un’importanza primaria nella responsabilità personale dei discepoli di Cristo. Pietro infatti, ispirato da Dio, li esorta ad aggiungerla al loro carattere morale spirituale: “(...) mettete ogni impegno, cercando di alimentare con la vostra fede la virtù... con la pietà l’affetto fraterno (filadelfía), con l’affetto fraterno l’amore (agápe)” (2 Pt 1,5 s.; ed. Lanterna). Si considera qui solo qualche esempio pratico di amore fraterno e sororale.
1. Anzitutto eccolo inizialmente all’opera:
Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti (Gv 21,11ss).
L’origine dell’amore fraterno non sta nei credenti stessi – quanto scarsa sarebbe la fonte! È un genere d’affetto che origina in Cristo e s’impara da Cristo, è amore fraterno che scaturisce dalla sua risurrezione. Eliminate questa, e l’amore fraterno diviene null’altro che filantropia, amicizia, gentilezza d’animo, mecenatismo. L’amore fraterno (filadelfía) è invece amore pratico che origina solo dal Risorto, il quale nel suo rapporto coi discepoli “non si vergogna di chiamarli fratelli” (Eb 2,12). Dopo una faticosa notte di pesca, Gesù sa che i discepoli pescatori sono affamati, e prepara loro un’appetitosa colazione con pesce arrostito e pane. Il suo amore fraterno non è astrazione né sentimento romantico, ma affetto pratico, che vede le necessità altrui, le soddisfa, le anticipa. I primi cristiani compresero bene quest’origine altissima dell’amore fraterno, ed ecco come lo tradussero in pratica:
Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio [di Gerusalemme] e spezzavano il pane per le case prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati (Atti 2, 46 ss).
Mangiando assieme con gioia e bontà d’animo, i credenti attuavano l’esempio del Risorto. E Lui ne accresceva il numero, aggiungendo egli stesso alla chiesa quelli che volevano salvarsi dal male morale e spirituale. Si noti di passaggio che, allora, l’incremento numerico avveniva mediante l’ubbidienza all’Evangelo (Atti 2,37 ss.) e non certo, ad esempio, perché un parroco riusciva con discutibili iniziative personali a strappare qualche fedele a un’altra parrocchia (desolante!). A tali banchetti comuni dei credenti allude spesso il Nuovo Testamento come buon segno d’amore fraterno (ma talvolta purtroppo anche di gozzoviglie, macchie, cupidigie, inganni, adescamenti fraterni: 2 Pt 2,12 ss.).
Paolo apostolo, nel drammatico viaggio verso Roma, sulla nave alla deriva in mezzo al Mediterraneo in burrasca, non dimentica l’importanza del cibo per la salute del corpo delle persone imbarcate con lui:
Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: «Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell''attesa, senza prender nulla. Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto». Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare. Tutti si sentirono rianimati, e anch’essi presero cibo (Atti 27,33 ss.).
C’erano in tutto 276 passeggeri, quasi tutti pagani, eppure Paolo li esorta a mangiare e prega assieme a tutti loro. Perché mai? Per fraterno amore pratico verso il prossimo.
2. L’amore fraterno è pure la molla che spingeva molti a intraprendere con zelo l’evangelizzazione:
Intanto quelli che erano stati dispersi dopo la persecuzione scoppiata al tempo di Stefano, erano arrivati fin nella Fenicia, a Cipro e ad Antiochia e non predicavano la parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni fra loro, cittadini di Cipro e di Cirène, giunti ad Antiochia, cominciarono a parlare anche ai Greci, predicando la buona novella del Signore Gesù. E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore (Atti 11,19 ss.).
Il “ma” dice che qui si trattò non solo di evangelizzare, ma di correre un certo rischio, annunciando per la prima volta l’evangelo a persone molto diverse per cultura e mentalità. La spinta propulsiva a correre quel rischio fu l’amore fraterno. Si ricordano i decenni nei quali gli amici mormoni si rifiutavano di recarsi a predicare nei paesi dell’Unione Sovietica perché comunisti. Tale era la prassi inculcata dai capi della Chiesa di Cristo mormone. Strano. Non avevano forse essi compreso l’esempio di quei primi discepoli che, giunti ad Antiochia in fuga dalle persecuzioni, osarono predicare l’evangelo anche agli impuri gentili? Questo è amore fraterno.
3. L’amore fraterno ha realmente cura del fratello (sorella). Ascoltiamo il Risorto:
State attenti a voi stessi! Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai» (Lc 17,3 ss.).
Se l’amore fraterno dev’essere non finto (Rom 12,9 s.), ne segue che i rapporti fraterni possono rafforzarsi anche mediante la riprensione. Si tratta però di ri/prendere il fratello (sorella) che pecca. La parola di rimprovero rivolta a chi pecca è una parola per ri/prendere, cioè per prendere di nuovo, per riguadagnare al Risorto il fratello (la sorella), non certo per ri/perderlo spiritualmente. La riprensione non è un assalto alla baionetta, tipico dei pericolosi paladini di un’astratta dottrina, bensì un discorso serio, proprio come è serio il peccato che si rimprovera. L’amore fraterno è all’opera, ma il perdono è condizionato al ravvedimento del peccatore.
L’amore fraterno attua il criterio dell’intervento limitato e circoscritto. Un semplice mal di testa si può curare con un’aspirina, non serve l’antibiotico. L’appendicite richiede una chirurgia precisa e non invasiva, non un’operazione a cuore aperto. L’occlusione di un vaso non richiede un trapianto di cuore. Gesù si comporta in un modo nel riprendere la samaritana, in un altro nell’accostarsi a Zaccheo, in un altro ancora nel rispondere alle ipocrite domande dei farisei. In ciascun caso il suo amore fraterno è all’opera. Il peccato del singolo può benissimo essere risolto in ambito personale o con il concorso di pochi fratelli (Mt 18,15 s.). Ma quando l’intervento limitato e circoscritto è terminato con esito buono, solo un folle agirebbe in modo da riaprire la ferita. L’amore fraterno, invece, concede tempo affinché la ferita ben medicata si rimargini e il paziente torni in salute.
Inoltre l’amore fraterno non è mai ipocrita, proprio perché non finto. Il tradimento di Pietro, le stoltezze e i litigi degli apostoli, la simulazione di Barnaba, l’ozio dei tessalonicesi, le fornicazioni dei corinzi, il dietrofront di Marco, l’abbandono di Dema, il male fatto da Alessandro il ramaio... furono divulgati per scritto in tutte le chiese in tutta l’ecumene. Nessuno, ipocritamente, fece finta di offendersene. Anzi quei fatti sono ancora lezioni memorabili per quanti rigettano l’ipocrisia e attuano l’amore fraterno inteso in senso biblico.
4. L’amore fraterno è riconoscenza, stima, servizio verso sorelle e fratelli:
Il Signore conceda misericordia alla famiglia di Onesìforo, perché egli mi ha più volte confortato e non s’è vergognato delle mie catene; anzi, venuto a Roma, mi ha cercato con premura, finché mi ha trovato. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso Dio in quel giorno. E quanti servizi egli ha reso in Efeso, lo sai meglio di me (2 Tim 1,16).
Ecco un altro bell’esempio proposto da Giovanni:
Carissimo [Caio], tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché forestieri. Essi hanno reso testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa, e farai bene a provvederli nel viaggio in modo degno di Dio (3 Gv 5 ss.).
Che cosa, se non l’amore fraterno, spinse Onesìforo a cercare e trovare Paolo nelle malsane e certo mal frequentate galere romane? Quale nobile sentimento, se non proprio l’amore fraterno, mosse Caio a prestare assistenza a fratelli estranei in viaggio per la predicazione? Ecco l’amore che origina proprio dalla comune fede fiduciosa nel Risorto. Quanto fu dunque importante quella famosa colazione preparata da Gesù di prima mattina!
5. Oggi non si sa quasi più camminare; si va in macchina o si prende l’autobus. In Africa invece si cammina ancora. Si cammina su sentieri, piste battute o sull’unica strada asfaltata esistente. Si cammina tutti e tutti assieme, e nel camminare ci si aiuta, si parla, ci si sostiene, si discute. Scrive Giovanni:
Non ho gioia più grande di questa, sapere che i miei figli camminano nella verità (3 Gv 4).
“Camminare” è qui termine tecnico che indica l’etica del credente in Cristo, il comportamento, l’amarsi gli uni gli altri nella “verità”, cioè “secondo i comandamenti” del Signore (2 Gv 5 s.), i quali “non sono gravosi” (1 Gv 5,3; pur se molti cristiani paiono convinti del contrario: forse perché manchiamo di amore fraterno?). Ecco solo qualche esempio di questi “comandamenti”, che sono poi criteri di vita.
a) Il credente sceglie con amorevole sapienza chi sposare, perché anche chi sposa una divorziata commette adulterio (Mt 5,32; questa sembra almeno la regola; le eccezioni si fa sempre in tempo a studiarle);
b) il discepolo si rivolge in preghiera al Padre senza verbosità, perché evita l’uso pagano di chi pensa di essere esaudito per le molte parole che riesce a dire (Mt 6,7);
c) la discepola e il discepolo che cercano il reame e la giustizia di Dio si affidano alla provvidenza divina sapendo che “basta a ciascun giorno il suo affanno” (Mt 6,34b);
d) non si può dire di agire in nome di Cristo e procurare male al fratello o alla sorella o alla chiesa di Dio: “L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore” (Rom 13,10);
e) l’amore fraterno dovrebbe impedire al credente di essere un “intrigante” (1 Pt 4,15 ed. Lanterna); ogni forma di calunnia, maldicenza, chiacchiera, male/dizione, attacco alle spalle altrui va del tutto evitata, condannata come priva di valore e anzi peccato, lasciata inascoltata.
6. Spesso si tende a pensare che l’amore fraterno sia infinito, un po’ come l’amore di Dio, che è amore. Ma se ci si chiede se l’amore fraterno abbia un limite, si trova una risposta positiva. L’amore fraterno ha un suo limite preciso, e nessuno può indicarlo meglio di Giovanni, l’apostolo dell’amore:
Chi va oltre e non si attiene alla dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi si attiene alla dottrina, possiede il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse (2 Gv 9 ss.).
Giovanni delinea qui in modo grafico il limite dell’amore fraterno. Se uno afferma d’essere di Cristo ma non si attiene all’insegnamento di Cristo, in effetti quel tale “non possiede Dio”, è dunque senza Dio, ateo, non in senso filosofico ma biblico. Chi non propone l’insegnamento del Risorto, chi propone un insegnamento diverso, non va accolto né salutato. Non gli va offerta alcuna forma di partecipazione (comunione). Parole forti per l’apostolo dell’amore, eppure sono parole ispirate dal Risorto. Col distacco si cerca di favorire il ripensamento (la vergogna?) in colui che “va oltre” e “non si attiene all’insegnamento del Cristo”.
Non la simpatia, non i rapporti preferenziali, non la parentela, non l’amicizia, non la frequentazione, non l’appartenenza a questa o a quella cerchia, non gli interessi, né alcun’altra cosa simile sta all’origine dell’amore fraterno. La “nostra pasqua” (1 Cor 5,7), cioè il Cristo Signore stesso, è invece all’origine della filadelfía o amore fraterno. Il quale, però, è pratica di vita, non teoria né mero sentimentalismo. Ecco perché Gesù preparò anche quella colazione.
I primi cristiani compresero il gesto, per questo erano soliti mangiare assieme spesso. Non per abbuffarsi, né per attrarre facili proseliti coi loro banchetti, ma per gioia, bontà d’animo e amore fraterno, mangiando in modo parco, sobrio, sereno.
I primi cristiani predicavano l’evangelo del Risorto, si riprendevano l’un l’altro, si stimavano, si servivano mutuamente, camminavano assieme sulla stessa “strada”, ubbidivano ai “comandamenti”, irrobustiti da amore fraterno profondo, da filadelfìa non finta. Non un sentimento scaturito dall’animo umano, ma originato anche da quel gesto culinario compiuto dal Risorto.
Nel primo sole mattutino di quel giorno ecco finalmente qualcosa di nuovo, anzi di antico, di realissimo, di realmente inaudito, di assolutamente insolito; il solo evento vero e unico che rende l’amore fraterno ciò che è tuttora; il Risorto si fece vedere dai discepoli e preparò loro la colazione.
Quel gesto fraterno amorevole del Cristo avrebbe scatenato la marea nera del male; sembra un paradosso ma è la realtà. Si voleva, e si vuole, negare ogni possibilità all’amore fraterno. La cui luce splende proprio nelle tenebre, che si abbuiano, negano (anche l’evidenza), mentono, tradiscono, invidiano, calunniano, contendono, calpestano, distruggono, inventano mali, disubbidiscono, rinnegano, disertano, diffamano, abbattono, blandiscono, attirano, seducono, eludono, s’affannano a mentire. Tutto le tenebre fanno pur di non ammettere il tradimento, la superficialità, la banalità, l’incostanza, l’incoerenza, l’ignoranza, la malevolenza, l’instabilità, l’insensibilità, la presunzione, cioè il peccato di disamore fraterno, ovvero di amore fraterno finto. Non è forse proprio questa la pietanza avvelenata servita nel corso della Storia mondiale e delle mille storie meschine, basse, provinciali, ridicole, che raccontano un cristianesimo borghese piccolo piccolo? Non accade tutto nella indipendenza indifferente di Adamo, nella autonomia irresponsabile di Eva? Cuori di tenebra.
Eppure, a dispetto di tutto ciò, nonostante la marea nera inquinante la vita di molti, il ricordo di quella colazione è vivo, è nell’aria il profumo di quel pesce arrostito, di quel pane. Il loro sapore è oggi ancora più buono per chi li vuol gustare. Cristo stesso ha apparecchiato e invita ancora alla sua tavola, ricca e gratuita, chi vuole aprire la mente all’amore per la verità, al gusto delicato dell’amore fraterno.
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