Je suis chrétien
Je suis chrétien
Non abbiamo quasi neppure fatto in tempo a farci gli auguri di buon anno che i fatti tragici di Parigi e Dammartin ci hanno lasciato senza parole. Serenità, pace, tranquillità, gioia augurate solo pochi giorni fa sembrano essere state seppellite sotto i colpi di kalashnicov nell’attentato alla redazione del giornale satirico francese Charlie Hebdo. Paure e sospetti sembrano aver sostituito quelle frasi beneauguranti. Una notizia d’agenzia (ANSA, 9 gennaio) informa che un esponente di al Qaida in Yemen ha rivendicato l’attacco contro Charlie Hebdo, dodici morti a Parigi, con l’obiettivo di "vendicare l’onore" di Maometto. Al Cairo l’uomo ha fornito alla Associated Press una dichiarazione in inglese, in cui si afferma che "la leadership di Aqap ha diretto le operazioni scegliendo con cura l’obiettivo".
La terminologia sembra quella di un comunicato di guerra. Gli atti compiuti dai terroristi sono da condannare senza mezzi termini.
Scrive una signora: “La satira, specialmente la satira religiosa, non mi piace molto, perché la fede è preziosa per me. Ma non si può permettere al terrorismo di azzittire la libertà di parola. Je suis Charlie”. Sì, siamo tutti Charlie. Il Rinascimento e le lotte civili ci hanno insegnato il valore della libertà di parola e di stampa. Però non in tutti i Paesi del mondo si è avuto un Rinascimento. E sembra che le lotte civili nei Paesi dove l’Islam è diffuso siano una realtà troppo recente (la primavera araba nel nord Africa) per poter incidere nella cultura di questi popoli.
Pertanto, accanto al motto Je suis Charlie (io sono Charlie), noi preferiamo riaffermare Je suis chrétien (io sono cristiano).
Riaffermiamo che in un momento così difficile come l’attuale, con giovani e famiglie in grave stato di necessità, Cristo Gesù oggi e proprio oggi è il Sacerdote capace di simpatizzare con noi nelle nostre debolezze e miserie (come si legge nella Lettera agli Ebrei). Perché mai? Perché lui stesso ha passato proprio le nostre stesse sofferenze, però senza peccare. Anzi ha confidato nel Padre Celeste che lo ha sostenuto e reso forte nelle prove più terribili. Ma quando alcuni discepoli gli hanno presentato due spade per iniziare la ribellione contro il potere del tempo (la Roma imperiale!), Gesù li ha sgridati con un significativo “Basta!” (Luca 22,38).
Riaffermiamo che “tutti quelli che prendono la spada periscono per la spada” (Matteo 26,52). Una sentenza dimostratasi di nuovo veritiera, se mai ce ne fosse stato bisogno, a Parigi e a Dammartin.
Riaffermiamo il valore del dialogo tra persone della stessa fede, ma soprattutto tra persone di fedi diverse. I tre anni di vita pubblica di Gesù di Nazaret sono stati caratterizzati, tra l’altro, dal suo continuo dialogo (anche con scontri verbali) con farisei, scribi, sadducei, gentili, tutti esponenti di dottrine e fedi che avevano tra loro somiglianze ma anche profondissime differenze. Sin dall’età di dodici anni, quando se ne andò al tempio di Gerusalemme a fare domande ai dotti, Gesù non si è mai sottratto al dialogo, anzi lo ha cercato e stimolato. È il dialogo aperto, franco rispettoso tra le fedi che può favorire la pace tra le nazioni, isolando gli estremisti in tutti i campi.
Riaffermiamo che più potente della violenza è il valore di chi serve in mansuetudine. Sta qui la bellezza, la bontà di Cristo. Però bellezza e bontà da imitare, almeno da parte dei cristiani.
Riaffermiamo che Dio vede come vanno le cose, nota soprattutto la povertà, come dice il Vangelo di Luca. La vede come valore, però condanna chi impoverisce gli altri, chi affama i popoli e chi sfrutta gli altri (Lettera di Giacomo, cap. 5).
Riaffermiamo il valore del pregare, cioè del vero e proprio colloquio intimo e sereno con Dio mediante la intercessione del Cristo. Nutriamo però forti e fondati dubbi che si possa essere ascoltati da Dio mentre si ammazza il prossimo, fedele o infedele che sia.
Il colonnello Muhammar Gheddafi al Convegno islamico-cristiano di Tripoli (1976) affermò: “Non è vero che il Corano legittimi la guerra, né contro gli ebrei né contro i cristiani. I maggiori contrasti li abbiamo perché gli ebrei non applicano la Bibbia, i cristiani il Vangelo e noi il Corano”.
Giudichi il Lettore se Gheddafi era nel giusto. Noi cristiani cerchiamo di attenerci al Vangelo della vita in Cristo Gesù.
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