Domanda: Sei sicuro di avere la certezza di ciò in cui credi... o hai semplicemente LA NECESSITA'di credere.
Secondo la celebre definizione
che si trova nel Nuovo Testamento "la fede è il fondamento delle cose che si
sperano, e l'argomento di quelle che non si vedono" (Ebrei 11,1; cfr. Dante,
Paradiso, XXIV,64).
La forza (virtù) del credere sta perciò nell'anticipazione e nella garanzia
delle realtà future, che sono oggetto di speranza e di non-visione. Questa
fiducia tuttavia è radicata non in "me", nella "mia" forza di credere, nella
"mia" capacità di credere, o persino nella mia "necessità" di credere, bensì al
di fuori di me, nelle parole del Signore che accolgo con umiltà di cuore e con
estrema incertezza in "me". Anche nell’ambito della fede vale il famoso assioma
di Paolo apostolo, “quando sono debole, allora sono forte” (2 Cor. 12,10),
perché confido e ripongo la forza non in me stesso, ma in Cristo.
Somiglio a quel padre che per la guarigione del proprio figlio malato (Mc. 9,17)
si rivolge ai discepoli di Gesù, ma senza successo. Parla quindi a Gesù stesso:
"Se tu puoi qualcosa, aiutaci...". Gesù replica che "tutto è possibile a chi
crede". Al che il padre confessa ad alta voce: "Io credo, mia aiutami nella
incredulità" (Mc. 9,24).
Chi dice di credere dovrebbe sempre tenere un atteggiamento improntato sì alla
fede, ma anche alla richiesta d'aiuto per la propria incredulità. Io sono
sicuro...io ho una grande fede dovrebbero esser frasi (e
atteggiamenti mentali) bandite dal cuore del discepolo di Gesù, sempre conscio
dei propri limiti e della propria pochezza spirituale e morale. Proprio come
quel padre alla ricerca della guarigione del figlio, l'uomo ha "la necessità" di
credere. Ecco perché si volge e si affida spesso purtroppo ad apparenze e
immagini del sacro che altri gli propone. Si tratta di simulacri vuoti e muti,
che lasciano l'animo svuotato e deserto. Il Vangelo ricorda che Gesù ha
parole di vita eterna (Gv. 6,68). Queste parole, se ascoltate di
cuore, possono far scaturire quella fede fiduciosa che è speranza e
non-visione (Rom. 10,17).
Ma la garanzia della fiducia resta nella persona in cui ho riposto la fede: "Io
so in chi ho creduto" (2 Tim. 1,12). Senza dimenticare un fatto essenziale:
prima ancora che io (ogni uomo) decidessi di fidarmi e affidarmi a Dio, egli
aveva già deciso di credere in me, considerandomi "degno della sua fiducia" (1
Tim. 1,12). E ciò nonostante i limiti, le imperfezioni e il male che mi porto
dietro e dentro. Se Lui ha avuto tanta fiducia in me, come posso non ricambiare
la sua fede?