Quello che poni, gentile sorella, è un argomento che richiederebbe una analisi
completa dei testi biblici, da farsi possibilmente intorno a un tavolo, con le
Bibbie e le menti bene aperte e in atteggiamento di preghiera umile. Qui si
offre soltanto qualche semplice spunto di riflessione.
Anzitutto: chi ha stabilito che una donna non possa accedere al "ministerio"?
Nel Nuovo Testamento questo termine indica il "servizio". Per Gesù, tutte le
discepole e i discepoli - proprio in virtù del loro stesso discepolato - sono al
suo "servizio", sono (o meglio, siamo) tutti suoi "servitrici" e "servitori".
Proprio per tale ragione Pietro presenta la chiesa come "popolo che Dio si è
acquistato" in cui ciascun membro è "sacerdote reale", appartenente a un
"sacerdozio santo", il cui servizio consiste nel "proclamare le virtù di Colui
che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce" (1 Pietro 2,5-9).
Occorre considerare in maniera attenta e pratica che ciascun "servitore" di Gesù
- donna o uomo che sia - deve nutrire e coltivare l'atteggiamento interiore ed
esteriore tipico di colui/colei che si fa "ultimo" per potere appunto servire
gli altri (Marco 10,44). Il "servizio" non va evidentemente concepito come
"carica" (potere, supremazia, mostra di sé), bensì come un mettersi a
disposizione degli altri per poterli meglio servire, a seconda della capacità
effettiva di ciascuno. Tre esempi potranno essere forse più utili di molte
parole.
1. La donna Samaritana, col suo atteggiamento umile e perspicace, si
dispone a servire Gesù allo scopo di evangelizzare il villaggio di Samaria
(Giovanni 4,28-30 e 41-42). Si tratta, a ben vedere, di una sorta di
preparazione al successivo annuncio del Vangelo da parte di Filippo (Atti 8,5 ss.).
2. Maria - sorella di Marta e Lazzaro - con la sua disposizione di umile
apprendimento verso il Maestro, è simbolo del discepolo vero e capostipite di
tutte le donne che, grazie al Vangelo, avrebbero superato la condizione di
ignoranza in cui erano state tenute (gli insegnanti religiosi del tempo di Gesù
non parlavano alle donne perché ritenevano ciò una "perdita di tempo"). Non
solo, ma la lode che Maria riceve dal Signore per il suo desiderio di imparare
(Luca 10,38 ss.) dimostra bene che Gesù ha "amici" e "amiche", vale a dire: non
semplici "servi" tenuti all'oscuro di tutto, ma "amici ai quali ho fatto
conoscere tutte le cose che ho udito dal Padre mio" (Giovanni 15,15).
3. La Maria più famosa, madre di Gesù, si dimostra strumento prezioso
insostituibile nella sua ubbidienza di fede. Accoglie l'opera che le viene
affidata dichiarandosi servitrice di Dio ("ancella", Luca 1,38).
Successivamente dimostra la propria conoscenza profonda - per nulla banale o
superficiale - del testo biblico nelle dichiarazioni scritte in Luca 1,46-55, le
quali abbondano di citazioni bibliche precise e puntuali. Proprio queste
segnalano una personalità dedita alla riflessione e alla pratica del testo
biblico, e quindi predisposta al "servizio".
Questo, evidentemente, è soltanto l'inizio di quella che - sul tema - potrebbe
costituire una serie di "ragionamenti tratti dalle Scritture" (Atti 17,2). In
questo passo chi parla è Paolo. Forse, per iniziare a comprendere quanto il
Signore insegna sull'argomento tramite questo apostolo, sarebbe bene considerare
attentamente l'elenco - lungo e significativo - di collaboratrici dell'apostolo,
ricordate nell'ultimo capitolo della lettera ai Romani:
Febe, "diacono" della chiesa di Cencrea; Maria, colei che ha faticato per altri
credenti; Trifena e Trifosa, lavoratrici per il Signore; Perside... Giulia... la
sorella di Nereo. Tutte discepole che, senza manie di grandezza - come pure tu
scrivi - hanno servito Dio con umiltà e amore. Il loro esempio resta scolpito
nel Nuovo Testamento, proprio come dovrebbe esserlo anche nei nostri cuori e
nella prassi della nostra esistenza.